Questo Sinodo è stato una perdita di tempo?
Alcune buone ragione per rispondere di no
Viste le aspettative spesso esagerate che si erano generate in tanti membri del popolo di Dio, la lettura della Relazione di Sintesi di questa Prima Sessione del Sinodo potrebbe risultare a dir poco deludente. In tanti si aspettavano dai lavori del Sinodo una rivoluzione dottrinale - da alcuni fortemente temuta e da altri lungamente auspicata - che non è certo il contenuto della Relazione che ci è stata consegnata.
È tempo allora per alcuni di tirare un respiro di sollievo e per altri di essere sopraffatti da un’ennesima delusione? Forse, prima di tutto, è meglio fare un po’ di chiarezza.
Il vero scopo del Sinodo
Anzitutto, è bene ricordare che questa appena conclusasi è stata solo una fase di un lungo percorso sinodale che si concluderà l’anno prossimo con la sessione finale.
Ancora più importante è il fatto che quello che si si sta svolgendo è un Sinodo sulla sinodalità. Benché la ridondanza possa suonare sgradevole, ciò significa che ciò su cui ci si interroga è una riflessione teologica e pratica sulla dimensione sinodale della Chiesa. Non dunque una panacea per tutti le questioni spinose irrisolte, ma uno sforzo per trovare nuovi modi di essere Chiesa per poi affrontare tutte quelle questioni con approcci di tipo sinodale.
Sinodalità…questa sconosciuta!
Ma cosa significa questa parola “sinodalità”? Non basta di certo limitarsi a seppur illuminanti spiegazioni etimologiche per capire come mettere in pratica questo concetto. In ogni caso, l’aspetto confortante è che è esattamente questa domanda ad aprire la Relazione di SIntesi; ciò vuol dire che, pur avendo fatto progressi nella comprensione di sinodalità, è necessario continuare a esplorarne il significato per renderlo comprensibile e attuabile per tutto il popolo di Dio.
I partecipanti al Sinodo ci hanno tenuto a precisare che sinodalità non è semplice democrazia rappresentativa né un sotterfugio per cambiare l’insegnamento della Chiesa. Un buon punto di partenza sarebbe quello di vederla come il fatto che la voce di ogni battezzato conta davvero nella Chiesa. Infatti, ogni cristiano può essere espressione dello Spirito Santo che ci guida tutti verso la comunione.
Partire da ciò che ci unisce
Questa comunione di visioni - espressione della medesima fede ci accomuna - non è stata di certo estranea a questa Sessione del Sinodo. La Relazione, infatti, si divide in 20 capitoli dedicati a diverse questioni; per ogni capitolo vengono presentate delle questioni da affrontare e delle proposte per guidare l’azione/riflessione nei prossimi mesi.
Tuttavia, ancor prima di ciò, la parte più corposa di ogni capitolo è dedicata alla cosiddette “Convergenze”, cioè a quei punti fermi della Tradizione che sono lo zoccolo duro da cui partire e su cui tutti sono d’accordo. Una Chiesa sinodale non è una Chiesa destinata a frammentarsi nel relativismo delle opinioni, ma una Chiesa dove si cammina insieme a partire dalla fede che deve accomunare tutti.
Una Chiesa fatta di ascolto e domande
Allo stesso tempo, la presenza in questi capitoli di questioni da affrontare e proposte concrete ci mostra anche un altro volto di questa Chiesa sinodale che si vuole costruire. Persino una lettura veloce del documento ci rivela subito quante volte si invita ad aprire ulteriori commissioni di studio teologico e dinamiche di ascolto del popolo di Dio per approfondire quelle questioni delicate che tutti conosciamo e per cui alcuni si aspettavano un responso definitivo da questa Sessione.
Tuttavia, lo scopo di questa assemblea non era dire sì o no al diaconato femminile o abolire il celibato sacerdotale, ma quello di contribuire a costruire una Chiesa dove queste domande che toccano il cuore di molti credenti possono e devono essere poste. A tutto ciò bisogna dare la giusta importanza e lasciare che sia l’ascolto dello Spirito e non le nostre rispettive ideologie a guidarci insieme verso soluzioni concrete. Questo comporta anche riconoscere i limiti di certe posizioni correnti che richiedono appunto un più maturo discernimento: ‘Talora le categorie antropologiche che abbiamo elaborato non sono sufficienti a cogliere la complessità degli elementi che emergono dall’esperienza o dal sapere delle scienze e richiedono affinamento e ulteriore studio’ (Cap.15 - G).
Questa Sessione è già stata una sorta di prova generale di questo approccio sinodale; come ha detto il papa commentando questo mese di lavori: “Si è parlato di tutto in tutta libertà”.
Prima l’ascolto e poi tutto il resto
Alla fine, il messaggio che emerge con più chiarezza è quello della necessità di porre l’ascolto come principio di ogni agire ecclesiale. Ascolto anzitutto della Parola di Dio per rimanere fedeli a Dio. Ascolto di tutti i battezzati per discernere ciò che lo Spirito sta genuinamente comunicandoci attraverso di loro. Infine, ascolto anche di coloro che sono lontani, ricordando che ‘i cristiani non possono mancare di rispetto per la dignità di nessuna persona’ (Cap.16- H).
Solo con questo approccio, tutti coloro che si sentono emarginati e feriti dalla Chiesa potranno tornare a casa senza sentirsi giudicati a priori, e così poter crescere nella riconciliazione con Dio e nella realizzazione di quel disegno d’amore che Dio ha per tutti e per ciascuno.
‘L’ascolto richiede un’accoglienza incondizionata. Questo non significa abdicare alla chiarezza nel presentare il messaggio di salvezza del Vangelo, né avallare qualsiasi opinione o posizione. Il Signore Gesù apriva nuovi orizzonti a coloro che ascoltava senza condizioni e siamo chiamati a fare altrettanto per condividere la Buona Notizia con coloro che incontriamo’. (Cap.16 - L)
Immagine: Richard Steenvoorde