Pellegrini di Speranza: un Viaggio per i nostri Tempi
E un metodo per iniziare la conversazione ovunque vi troviate
Alcune parole sembrano senza peso finché la vita non ci costringe a considerarle in modo diverso. “Speranza” è una di queste parole. La gettiamo nelle frasi facilmente: “Spero che non piova”, “Spero che il treno sia in orario”, “Spero che vada tutto bene”. Ma cosa succede quando la speranza è tutto ciò che ci resta? Quando il peso della realtà si fa sentire e abbiamo bisogno di qualcosa di più profondo di una speranza?
Nel 2025 la Chiesa ci chiama a essere pellegrini della speranza in un Anno Santo dedicato alla riscoperta di questa virtù, non come un vago ottimismo, ma come qualcosa di solido, di trasformativo. Sia papa Benedetto XVI che papa Francesco ci ricordano che la speranza cristiana non consiste nel chiudere gli occhi e sperare nel meglio. È un'ancora, radicata nella promessa di Dio, che modella il nostro modo di vivere e agire nel mondo.
Nell'ambito di questa iniziativa, ho avuto il privilegio di collaborare con il vescovo Johannes van den Hende per contribuire a creare un quadro di riferimento per delle conversazioni significative, assicurando che la speranza non sia solo discussa, ma realmente vissuta. Insieme, abbiamo cercato di progettare un approccio che incoraggiasse l'ascolto profondo e la riflessione condivisa, permettendo alle persone di sperimentare la speranza in comunità piuttosto che come un ideale astratto.
Ma cosa significa questo nella vita reale?
La speranza: più di un sentimento
Per molti la speranza è un concetto astratto, qualcosa di cui è bello parlare nei sermoni ma difficile da afferrare nella vita quotidiana. Eppure, la tradizione cristiana insiste sul fatto che la speranza non è passiva. È una forza attiva che ci spinge a superare la disperazione. Ci chiama a qualcosa di più grande, chiedendoci di agire come portatori di speranza, non solo come cercatori.
Considerate un momento della vostra vita in cui le parole, le azioni o la semplice presenza di qualcuno vi hanno sollevato quando vi sentivate di arrendervi. Forse si è trattato di un amico che vi ha ricordato il vostro valore, di una comunità che vi ha accolto quando vi sentivate persi, o di una tranquilla consapevolezza nella preghiera di non essere soli. La speranza è spesso portata da piccoli gesti, che passano inosservati fino a quando non ne abbiamo più bisogno.
Una speranza che coinvolge il mondo
Se la speranza è reale, deve toccare il mondo. Deve uscire dalle comode riflessioni e confrontarsi con le rotture che ci circondano. Ecco perché questo Anno Santo ci invita non solo a riflettere sulla speranza, ma a praticarla.
La speranza cristiana non è ingenua. Non ignora la sofferenza né finge che tutto vada bene. Al contrario, ci dà il coraggio di entrare nella confusione della vita con la convinzione che la redenzione è possibile. Ci spinge a difendere la giustizia, a prenderci cura degli emarginati, a essere voci di incoraggiamento in spazi offuscati dal cinismo. Come dice Papa Francesco nella Spes non confundit, la vera speranza “prende forma in atti concreti di amore”.
Allora, da dove cominciamo? Forse con una semplice domanda: Chi c'è intorno a me che ha bisogno di speranza in questo momento? Un amico che lotta contro i dubbi che lo tormentano? Uno sconosciuto che porta fardelli invisibili? Una società fratturata dalle divisioni? La speranza inizia dove scegliamo di farci prossimi e presenti.
L'ascolto come atto di speranza
Uno dei modi più potenti per promuovere la speranza è la conversazione autentica. Ispirata dal Sinodo sulla sinodalità, la diocesi di Rotterdam ha introdotto una pratica chiamata “conversazioni di ascolto”: incontri in cui le persone condividono le loro esperienze di speranza e di fede, non per fare dibattiti o persuadere, ma per ascoltarsi veramente.
Immaginate di sedervi in cerchio, liberi dalla pressione di dover avere tutte le risposte, semplicemente ascoltando come gli altri hanno incontrato la speranza nella loro vita. Cosa succederebbe se noi, come Chiesa, fossimo conosciuti non solo per quello che predichiamo, ma per quanto profondamente ascoltiamo?
Come parte dell'Anno Santo, siamo invitati a partecipare a queste conversazioni. Che si tratti di comunità studentesche, gruppi parrocchiali o ambienti informali, queste discussioni creano uno spazio per scoprire, nominare e vivere la speranza. A questa iniziativa sono allegate delle domande guida, pensate per suscitare un dialogo significativo. Forse una delle più suggestive è la seguente: Qual è la differenza tra la vera speranza e le false promesse? In un mondo inondato di vuote rassicurazioni, come possiamo riconoscere il tipo di speranza che dura nel tempo?
La speranza come pellegrinaggio
Essere un pellegrino di speranza significa intraprendere un viaggio, un cammino verso qualcosa di più grande di noi. Come tutti i pellegrinaggi, richiede resistenza, fiducia e la volontà di fare il passo successivo, anche quando il cammino non è chiaro.
Al momento della fondazione dell'Ordine, san Domenico sperimentò questa incertezza per molti anni prima che il suo progetto apostolico diventasse chiaro e venisse approvato. La speranza che Dio guidi i nostri sforzi per il bene è la forza che ci sostiene nel viaggio della nostra vita.
Quest'anno, intraprendiamo questo viaggio insieme. Rendiamo visibile la speranza, non solo a parole, ma nel modo in cui viviamo. Nel modo in cui ci presentiamo gli uni agli altri. Nel modo in cui ascoltiamo, serviamo e crediamo che la luce possa attraversare anche le tenebre più profonde.
L'invito è sempre valido: Dove porterai, oggi, la speranza?
Foto: per gentile concessione dell'Ordine dei Predicatori (Pellegrinaggio Giubilare 2016)