Una Parola dal Deserto
Abba Teodoro di Ferme chiese ad Abba Pambo: “Dammi una parola”. Con molta difficoltà gli disse: “Teodoro, va’ e abbi misericordia di tutti, perché attraverso la misericordia si trova libertà di parola al cospetto di Dio”.
Una Parola da un Frate
Si dice di san Domenico che o parlava con Dio o parlava di Dio. Le fonti ci parlano di lui come un uomo dal carattere estremamente solare e socievole, una persona capace di un’incredibile empatia con tutte le persone che incontrava. Tutte queste persone le portava poi nelle sue lunghe notti passate in preghiera dove parlava con Dio. Il desiderio di salvezza che aveva per tutti gli uomini gli faceva persino versare lacrime cariche di compassione per tutti coloro che si erano smarriti nella vita, per i quali si struggeva ripetendo continuamente: “Mio Dio, mia Misericordia, che ne sarà dei peccatori?”.
In questo modo, san Domenico sembra incarnare perfettamente questo detto di Abba Pambo, il quale mette strettamente in relazione la misericordia che dobbiamo avere per gli altri con la possibilità di parlare liberamente con Dio. Ciò significa che, finché vivremo di disprezzo per il nostro prossimo, la nostra preghiera non potrà che essere un’espressione di ipocrisia piuttosto che un dialogo libero con Colui che ama tutti gli uomini. Infatti, “con la lingua benediciamo il Signore e Padre e con essa malediciamo gli uomini fatti a somiglianza di Dio. Dalla stessa bocca escono benedizione e maledizione. Non dev'essere così, fratelli miei!” (Gc 3, 9-10).
Il termometro del nostro stato spirituale sono proprio le parole che pronunciamo; come dice Gesù: “La bocca esprime ciò che dal cuore sovrabbonda”. (cfr. Lc 6, 45). Questo è il motivo per cui il silenzio è al cuore del messaggio del Deserto. Non un silenzio inteso come astensione dalle parole in generale, ma di quelle parole che portano morte al nostro prossimo: “Un uomo potrebbe apparire silenzioso,” disse Abba Poemen “ma se il suo cuore sta condannando gli altri, egli sta blaterando incessantemente”.
Rowan Williams sottolinea che “il silenzio, in qualche modo, riesce a raggiungere la radice del nostro problema di essere umani”. (“Silence somehow reaches to the root of our human problem”). Certo, trattenere le parole non cambia automaticamente i sentimenti spesso negativi che albergano dentro di noi. Tuttavia, questo tipo di ascesi del silenzio è senza dubbio il primo passo necessario e possibile al fine di cambiare anche il nostro cuore. Ecco perché papa Francesco ritiene così importante metterci in guardia così spesso dal male del pettegolezzo!
La vera funzione delle parole, infatti, dovrebbe essere la comunicazione. Le uniche parole da proferire sono quelle che generano comunione al fine di creare comunità; non a caso, questi tre termini sono tutti etimologicamente imparentati!
Finché non useremo le parole ai fini di questa comunicazione di comunione ci sarà preclusa anche la possibilità di comunicare con Dio liberamente e senza ipocrisia, proprio come faceva san Domenico! Quale migliore astinenza in questa Quaresima che quella dalle parole senza misericordia? Dopotutto, “se qualcuno ritiene di essere religioso, ma non frena la lingua e inganna così il suo cuore, la sua religione è vana.” (Gc 1, 26).
Una Parola da Rivolgere a Dio
O Singore,
che hai misericordia di tutti noi,
cancella i miei peccati,
e accendi misericordiosamente in me
il fuoco dello Spirito Santo.
Togli via da me il cuore di pietra,
e dammi un cuore di carne,
un cuore che Ti ami e Ti adori,
un cuore per trovare gioia in Te,
per seguire Te
e per avere piacere in Te.
Amen
(Sant’Ambrogio, 337-397 d.C.)
Immagine: Beato Angelico, San Domenico di Guzman, Firenze, San Marco, da Wikimedia Commons