Due poeti di fronte al cielo stellato
Leopardi, il Salmo 8 e il senso della vita
Il Cielo Stellato: tra i Tesori Perduti del nostro tempo
Benché nel XXI secolo le conquiste tecnologiche ci permettano di fare cose un tempo impensabili, non possiamo ignorare di esserci allontanati da tesori preziosi, tra i quali spicca l'incantevole spettacolo notturno del cielo stellato. Un tempo, prima che l'inquinamento luminoso ne offuscasse la bellezza, ci si poteva immergere quasi ogni notte nella magnifica visione delle stelle, un'esperienza oggi negata a molti di noi.
Il cielo notturno non era solo uno spettacolo mozzafiato; rappresentava un portale attraverso il quale potevamo contemplare la nostra posizione nell'universo, un riflesso che ci invitava a meditare su chi siamo e qual è il nostro ruolo in questo vasto spazio cosmico. Tuttavia, la luce artificiale ha oscurato questa meraviglia, privandoci non solo di una vista straordinaria ma anche della possibilità di riflettere sul nostro posto nell'infinità del cosmo.
Pessimismo Cosmico o Rivelazione di Dio
Tra coloro che fecero questa esperienza di fronte al cielo stellato c’è il poeta Giacomo, il quale, duecento anni fa, contemplava il cielo stellato mentre lottava con la malattia presso il Vesuvio. In una delle sue ultime poesie, La Ginestra, il poeta descrive l’infinita piccolezza dell’uomo e della Terra come una prova incontrovertibile del nostro essere un nulla nell’universo, leggendo il tutto in chiave materialista e profondamente pessimista. Il cielo stellato, per lui, era un catalizzatore di pessimismo e una prova chiara dell’insignificanza dell’essere umano nella vastità delle galassie.
Tuttavia, emerge una melodia diversa nelle parole di un altro poeta, un anonimo scrittore vissuto secoli prima di Leopardi. La sua poesia, a noi nota come "Salmo 8", fa scaturire dalla visione del cielo stellato dei risvolti totalmente opposti a quelli appena descritti. Mentre Leopardi trovava nell'immensità del cosmo motivo di disincantato pessimismo, l’autore del Salmo 8 vi leggeva una rivelazione della grandezza di Dio che al contempo rivela la dignità e la missione dell’essere umano nell’universo. L’immensità dell’universo non viene vista come la prova del nostro essere niente, ma come la rivelazione di un Dio immenso capace di donarsi senza misura nella Creazione; è come dire che i miliardi di corpi celesti che esistono sono tutti un segno della Sua generosità senza limiti!
L'uomo nell'Universo: La Cura Divina e l'Incarnazione
Alla domanda cruciale 'che cos’è l’uomo?', Leopardi risponde con un franco pessimismo materialista, mentre questo poeta animato dalla fede canta la cura e la sollecitudine del Creatore verso la sua creatura. Anche se siamo piccoli nell'universo, il fatto che Dio si prenda pensiero per noi basta a riempire di senso la vita umana, altrimenti insignificante e disperata nell'immensità dello spazio siderale.
Per un cristiano, il culmine di questa cura per l’essere umano si ha nella nostra fede nell’Incarnazione, con cui Dio mostra la sua speciale elezione verso ognuno di noi assumendo la nostra stessa carne. Da questo dono unico, già iniziato nella Creazione e poi sublimato nell’Incarnazione, consegue il dovere per noi di essere custodi amorevoli di tutte le opere grandiose che cantano la gloria del loro creatore, perfino delle stelle più lontane!
La Lode Celeste: Il Salmo 8 nel Cuore dello Spazio
Fu quindi più che opportuno che, nel 1969, gli astronauti americani T. Stafford e G. Ceman trasmettessero a terra la proclamazione del Salmo 8 mentre si trovavano nello spazio in prossimità della Luna. In seguito, pochi mesi dopo, il papa Paolo VI affidò a N. Armstrong e a E. Aldrin proprio questo salmo, in vista del primo allunaggio della storia dell’umanità .
Così avvenne che in tutto il cosmo risuonò l’esclamazione di lode: ‘O signore nostro Dio quanto è grande il tuo su tutta la terra!’.
Immagine di Felix Merler da Pixabay