Da Lampedusa al Sinodo
Un tributo a Papa Francesco (1936–2025), apostolo di misericordia e speranza — e un invito a percorrere la via della conversione che ci ha indicato
Oggi abbiamo ascoltato come Maria Maddalena si recò al sepolcro e non trovò Gesù tra le fredde e morte pietre della tomba. Gli angeli la chiamano alla conversione – non solo della mente, ma anche del corpo e del cuore. Lei si volge via dal sepolcro e si dirige verso il giardino, verso la vita. Ed è lì – solo lì – che incontra il Signore Risorto.
Per un momento, lo scambia per un giardiniere. E in un certo senso, non ha torto.
Dio Padre creò il primo giardino, l’Eden, dal nulla. Ma Gesù, Figlio di Dio, fa nascere nuova vita dalla morte stessa. Ed è a Maria – questa donna un tempo ferita, ma ora guarita – che Egli affida il primo annuncio della Risurrezione.
Questa storia era molto cara al cuore del defunto Papa Francesco, che ricordiamo questa sera. Durante l’Anno Santo della Misericordia nel 2016, Papa Francesco dichiarò Maria Maddalena “Apostola degli Apostoli.” Un anno dopo, la chiamò “Apostola della Speranza.” E per molti, lo stesso Papa Francesco è diventato proprio questo: un apostolo di misericordia e speranza in tempi oscuri e divisi.
Fin dall’inizio del suo pontificato, Francesco ha chiamato la Chiesa all’attenzione: non verso sé stessa, ma verso i poveri, i dimenticati e gli esclusi. Il suo primo viaggio fuori dal Vaticano fu a Lampedusa, dove pianse le vite perse in mare e parlò con i rifugiati. La sua ultima visita, anni dopo, fu in un carcere – il Giovedì Santo. Un cerchio completo: dalle periferie alle periferie, lavando i piedi, ascoltando, benedicendo.
Alcuni lo chiamavano un Papa progressista. Altri, un conservatore dal cuore pastorale. Ma forse, soprattutto, Papa Francesco è stato un grande educatore della Chiesa. Vedeva il bisogno di cambiamento – ma non del tipo che nasce da decreti rapidi o riforme dall’alto. Scelse invece una strada più lunga: il cammino della sinodalità.
Anche questo è stato frainteso. Alcuni lo hanno visto come un gioco di potere: etichettando le idee che piacevano come “sinodali” e quelle che non piacevano come “non sinodali.” Ma Francesco non era interessato ai giochi.
La sua preoccupazione era la continua conversione della Chiesa a Cristo. Una Chiesa meno ossessionata dalla propria sopravvivenza, e più attenta alle voci della gente comune. Specialmente di coloro che stanno ai margini.
Rifiutava la grazia a buon mercato. Sarebbe stato facile dire: “Ora siete tollerati” – ai divorziati, alla comunità LGBTQ+, ai cuori spezzati. Ma sapeva che la vera comunione non si fonda sulla tolleranza vaga. Si fonda sull’ascolto, sulla relazione, sul pellegrinaggio condiviso. Non si tratta solo di tolleranza, ma di connessione.
Il sinodo è stato – ed è ancora – un tentativo di riaccendere le connessioni perdute all’interno della Chiesa. Ci invita ad ascoltare come Dio sia già all’opera in vite che non comprendiamo. A riconoscere i nostri fallimenti. A lasciare andare il giudizio. E a ricominciare, insieme, con Cristo.
“Allargate la tenda,” dice il sinodo. Ma non si tratta semplicemente di essere più gentili o più aperti. È il riconoscimento spirituale profondo che siamo tutti feriti. Che abbiamo bisogno gli uni degli altri. Che la Chiesa, se è davvero il Corpo di Cristo, deve essere un luogo di grazia, giustizia e misericordia. Non una fortezza di purezza, ma una tenda – abbastanza grande da accogliere molti, con spazio per crescere.
Questo non è facile. Papa Francesco lo sapeva. Sapeva che seguire Cristo non è sempre un cammino trionfante – è un cammino segnato da libertà, lotta e vulnerabilità. Ci ha mostrato cosa significa percorrere quel cammino.
E ora, siamo chiamati a percorrerlo senza di lui.
Come Gesù che dice a Maria: “Non mi trattenere,” ci viene ricordato di non aggrapparci a Papa Francesco – né alla sua immagine, né alla sua memoria – come se fosse una reliquia da seppellire con riverenza. No, il modo migliore per onorare la sua eredità è portare avanti l’appello che ha incarnato: l’appello alla conversione.
A voltarci.
A guardare il mondo.
A scoprire che Dio è già lì.
Anche se non lo riconosciamo subito.
Questa è la promessa della Risurrezione. Non solo per Gesù, non solo per Maria, non solo per Papa Francesco – ma per noi.
Qui. Ora.
Onoriamo Francesco non solo con parole di lutto, ma con vite di speranza.
Come Maria Maddalena, alziamoci e andiamo.
Diventiamo, nel nostro tempo, apostoli di misericordia e di speranza in un mondo che anela a una buona notizia.
Amen.
Omelia predicata alla Messa di Requiem per Papa Francesco, Cappellania Studentesca di Delft, 22/04/2025
Foto: Ramon Mangold, grazie a Katholiek Leven / SRKK, Paesi Bassi