Benedire l’Offerta di una Vita
Brevi note sulla preghiera di benedizione dei neo-professi domenicani
Il testo che segue è la Preghiera di Benedizione per i novelli professi solenni domenicani che si trova nel Rituale dell’Ordine dei Predicatori. La preghiera ha già in sé una profondità che non necessiterebbe commenti. Le mie brevi note hanno solo la modesta ambizione di rendere più esplicita la bellezza già contenuta in questo testo liturgico. Con ciò, mi affido alla vostra preghiera in occasione della mia Professione Solenne che si terrà venerdì 6 settembre 2024. Grazie di cuore!
O Dio, principio e fonte di ogni santità,
tu hai tanto amato gli uomini
da renderli partecipi della tua vita divina
e nella tua misericordia non hai voluto
che il peccato di Adamo e le iniquità del mondo
estinguessero questo disegno del tuo amore.
La preghiera inizia con l’affermazione dell’assoluta onnipotenza di Dio nel portare avanti il suo progetto d’amore per l’umanità. Menzionare la ferita del peccato che tutti noi portiamo dentro serve proprio a far risplendere ancora di più la tenacia dell’amore di Dio nei nostri confronti. Dio ha per ogni essere umano un progetto di bene capace di vincere ogni oscurità; la consacrazione religiosa è la chiamata a mostrare questa iniziativa d’amore di Dio in una maniera più chiara e radicale.
Già agli inizi della storia
ci hai dato in Abele il giusto
un modello di vita innocente
e nella tua provvidenza, attraverso i secoli,
hai suscitato dalla stirpe del popolo eletto
uomini santi e donne di eminenti virtù:
splende fra tutte la figlia di Sion,
la beata Vergine Maria.
Abele, figlio di Adamo ed Eva, viene posto a capostipite di quella schiera di donne e uomini generosi che hanno fatto della loro vita un’offerta a Dio. Riconoscere ciò che siamo e ciò che abbiamo come un dono di Dio e ridonarlo a lui con un cuore colmo di gratitudine può infastidire non poco coloro che vivono accecati dal proprio egoismo e mossi solo dall’invidia. La tragedia di Caino e Abele, cioè il dramma della fraternità avvelenata dall’invidia, è la tragedia dell’umanità di tutti i tempi. La professione religiosa spinge il consacrato a vivere in maniera diversa dallo spirito del mondo; in un certo senso, è anche chiamata a dare fastidio alla mentalità prevalente nella società. Dire il nostro “sì” assoluto a Dio, come la Vergine Maria, potrà anche portarci ostilità e sofferenza dentro e fuori dalla comunità dei credenti. Ma in quale altro modo ringraziare il Signore dopo aver scoperto la misura del suo amore per noi?
Dal suo grembo verginale venne alla luce
il tuo Verbo fatto uomo per la salvezza del mondo,
Gesù Cristo nostro Signore.
Splendore della tua santità, o Padre,
egli si fece povero per arricchirci
e prese l'aspetto di servo per restituirci alla libertà.
Nel suo mistero pasquale
Cristo ha redento il mondo con immenso amore,
ha santificato la sua Chiesa
e l'ha resa partecipe
dei doni dello Spirito Santo.
Al cuore della preghiera di benedizione non possiamo che trovare Cristo, descritto nel suo mistero di abbassamento col quale si mette alla nostra portata per elevarci alle sue altezze. Imitare la vita di Gesù è l’unica ragione dietro ogni aspetto della vita religiosa: scegliamo di essere poveri perché e come Cristo fu povero; scegliamo di essere casti nel celibato perché e come Cristo fu casto nel celibato; scegliamo di essere obbedienti perché e come Cristo fu obbediente. Di certo noi non siamo Lui e la nostra forma di vita non può che essere una tensione verso la perfezione del suo esempio. Per questo invochiamo i doni dello Spirito, l’unico che può renderci capace di ciò che altrimenti ci sarebbe semplicemente impossibile.
E tu, o Padre, con la voce misteriosa
dello stesso Spirito
hai attratto innumerevoli figli
a seguire Cristo Signore
e a lasciare ogni cosa per aderire
generosamente a te
in un eterno patto d'amore
e dedicarsi al servizio dei fratelli.
Guarda, o Padre, questi tuoi eletti;
infondi in loro lo Spirito di santità,
perché possano adempiere con il tuo aiuto
ciò che per tuo dono hanno promesso con gioia.
Difficilmente si può trovare un’espressione migliore per descrivere la vocazione religiosa che non sia quella di una voce misteriosa capace di un’attrazione tale da essere irresistibile. Senza necessità di eclatanti manifestazioni divine, è solo una profonda intuizione dell’amore di Dio che può fondare una genuina vocazione alla vita religiosa. Dalla memoria di questo incontro - per alcuni intenso e irripetibile, per altri scoperto attraverso lunghi anni di cammino- sorge quella gioia che accompagna la nostra promessa di amore a Dio e ai fratelli. Possa questa gioia durare usque ad mortem!
Contemplino sempre il divino Maestro
e al suo esempio conformino la loro vita.
Siano concordi nell'obbedienza,
affratellati da un amore più puro
dall'esercizio della castità,
più strettamente dipendenti l'uno dall'altro
per la povertà;
edifichino prima nella propria comunità
la Chiesa di Dio
che sono chiamati a dilatare nel mondo.
Per ogni religioso, e in particolare per il domenicano, la vita comunitaria è lo stadio in cui si gioca la partita della propria consacrazione. Come in ogni gioco che si rispetti, lo scopo più nobile è il divertimento puro e disinteressato, pur rimanendo il fatto che ciò non potrà avvenire senza sforzo e talvolta sofferenza. I consigli evangelici di povertà, castità e obbedienza possiamo paragonarli alle regole del gioco; lo scopo non è mortificare l’individualità di nessuno, ma facilitare il proposito di vivere da fratelli. La missione, poi, non sarà altro che allargare questa partita a tutta l’umanità a cui siamo inviati a offrire l’amicizia di Dio attraverso il dono della nostra stessa amicizia.
Siano pazienti nelle prove,
saldi nella fede,
lieti nella speranza,
operosi nella carità apostolica.
La loro vita allieti la Chiesa,
promuova la salvezza del mondo
e appaia come segno luminoso dei beni futuri.
La vita religiosa inizia con una promessa traboccante di gioia ed è chiamata a svilupparsi dilatando questa gioia in tutta la Chiesa. Una vita tuttavia profondamente radicata nella realtà con le sue prove capaci di essere superate solo col dono della speranza. Rimanendo saldi nella fedeltà, la testimonianza del consacrato promuoverà la realizzazione del destino di beatitudine offerto ogni essere umano. Per il religioso, infatti, quella beatitudine è un qualcosa di già gustato; non qualcosa di raggiunto, ma certamente non del tutto sconosciuto. È grazie a questo incontro originario che la vita del religioso può essere un segno luminoso della felicità futura promessa a tutti.
Sii tu per loro, Padre santo,
il sostegno e la guida
e quando compariranno davanti al tuo Figlio,
sii tu la vera ricompensa
e allora godranno di essere stati fedeli
alla loro consacrazione;
confermati nel tuo amore,
canteranno a te la lode perenne
nell'assemblea dei santi.
Per Cristo nostro Signore.
R. Amen.
Alla fine del cammino ciò che resta è ciò che era fin dal principio: Dio e il suo amore. Rimanere fedeli fino alla fine significa credere che quell’Amore che abbiamo incontrato è e sarà vero in ogni fase della nostra vita. Qualunque cosa accada. Amen.
Immagine: grazie a fr. Rémi-Michel Marin-Lamellet OP