RICHARD: Caro Giovanni, mentre scorrevo i notiziari di questa mattina, pieni di resoconti di guerre e disastri da tutto il mondo, mi è venuta in mente una melodia familiare e le parole iniziali di un antico inno d'Avvento: Rorate Caeli desuper, et nubes pluant iustum (“Piovete, o cieli, dall'alto, e fate piovere la giustizia”). Questi versi iniziali dell'inno sono stati presi in prestito dalle parole del profeta Isaia, situate circa ventuno capitoli prima del testo che esploreremo questa domenica. Si potrebbe dire che quando si tratta di lamentarsi con Dio per lo stato del mondo, il profeta Isaia è un esperto su come si dovrebbe fare!
In questi giorni bui che precedono il Natale, anch'io ho spesso voglia di lamentarmi con Dio: Dove sei, Dio, in mezzo a tutti i problemi del mondo? Dopo tutto, noi siamo opere delle tue mani, come scrive Isaia (Is 64,8). Quando hai creato il mondo, hai detto che esso era "molto buono" (Gen. 1,31), quindi dove sei ora? Tuttavia, le mie domande sono accolte da un silenzio assordante.
Nel corso degli anni, ho capito che questo silenzio è pieno di speranza e, con questa consapevolezza, ho scelto di esercitare la pazienza, di indugiare un po' di più, aspettando l'arrivo di Dio. È così, amico mio, che inizia il mio periodo di Avvento, aspettando un po' di più.
GIOVANNI: Sembra, dunque, che tu sia davvero nello spirito giusto per l'Avvento! Il bello di questo tempo liturgico è che tutti sappiamo che la nostra attesa avrà un lieto fine con l'arrivo del Natale. Vorrei che l’attesa dell'azione di Dio potesse essere così semplice anche per la nostra vita al di fuori del calendario liturgico...
Conosco molte persone - e spesso io stesso sono tra queste! - che sperimentano il peso estenuante dell'attesa di una buona svolta che sembra non arrivare mai. Anche la persona più entusiasta e ottimista può diventare stanca e disincantata dopo un lungo periodo di attesa deludente. Quel silenzio assordante di Dio che di cui tu parlavi può arrivare a estinguere lentamente ogni capacità di speranza nei nostri cuori.
Uno stato d'animo simile deve aver iniziato a farsi strada nella comunità di Corinto quando Paolo scrive la sua prima lettera che abbiamo letto oggi. Il messaggio di Paolo è chiaro: non c'è possibilità di rimanere saldi nella fede se Dio stesso non ci mette in condizione di farlo: “Egli vi renderà saldi sino alla fine, irreprensibili nel giorno del Signore nostro Gesù Cristo. Degno di fede è Dio, dal quale siete stati chiamati alla comunione con il Figlio suo Gesù Cristo, Signore nostro!" (1Cor 1, 8-9). Allora non tutto è sulle nostre spalle...che sollievo!
RICHARD: In effetti, siamo pienamente consapevoli di chi e di cosa aspettiamo con ansia a Natale. Ricorda il modo in cui i bambini piccoli si rallegrano nel sentire ripetutamente la stessa vecchia storia. Aspettiamo i canti, le feste e la Messa di mezzanotte, desiderando che tutto si svolga come sempre, anche se in un mondo idealizzato, inesistente e perfetto. Le nostre aspettative sono alte e crediamo che questo Natale debba essere il migliore.
D'altro canto, siamo anche chiamati ad ascoltare la saggezza degli adulti. Gesù ce la trasmette quando ordina ai suoi discepoli di "stare svegli", come viene spiegato nel Vangelo di oggi. Rispettare questa direttiva si rivela molto più impegnativo che perdersi nei sogni di un mondo che non esiste. Mi viene in mente lo struggente racconto di come, nell'orto del Getsemani, tutti gli amici di Gesù si addormentarono nel momento in cui aveva più bisogno del loro sostegno, lasciandolo da solo alle prese con la sua angoscia.
Eppure rimanere svegli è un richiamo per noi oggi. Siamo chiamati a cercare attivamente i segni del Regno che viene, i segni della bontà e della misericordia di Dio, in un mondo che sembra essersi dimenticato di Dio. Inoltre, attraverso il nostro battesimo, Dio ci ha affidato un compito, come ci ricorda San Marco. Sebbene il Vangelo non specifichi il nostro compito, penso che siamo chiamati a esemplificare, attraverso le nostre vite, l'essenza del già e non ancora del Regno che si avvicina.
In un mondo perplesso, rimanere svegli significa non distogliere mai lo sguardo dalla presenza di Dio. Come i pastori vigilanti, siamo invitati a cercare attivamente Dio, pienamente, sperando di trovarlo nei luoghi più vulnerabili e meno attraenti che possiamo immaginare: oltre i margini delle nostre società, tra coloro che sono esclusi per ciò che sono o che amano, in un campo profughi o in un'umile mangiatoia in una terra devastata dalla guerra.
GIOVANNI: Alla fine, Richard, abbiamo finito per scoprire che l'attesa della venuta del Signore e la vigilanza per scorgere già la sua presenza nel mondo sono due facce della stessa medaglia. Dopo tutto, come si può essere veramente in attesa se non restando svegli?
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Immagine di Felix Büsselmann da Pixabay